A cura di Stefania Baldassari
Il principio fondamentale della tutela dell’interesse del minore, tanto auspicato ed osannato nelle aule di giustizia non trova giusta ed equa applicazione nella realtà.
L’introduzione della legge 54/2006 e, con questa, la considerazione del valore effettivo da attribuire al diritto del minore di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori -nessuno escluso- è solo formale e non sostanziale e quindi inapplicato.
La negazione sempre più evidente ad avere un rapporto stabile con entrambi i genitori che decidono di separarsi, assume carattere rilevante laddove viene a prevalere l’interesse dell’adulto a riscattare la propria vita a discapito del primario interesse del figlio che, proprio in quanto tale, non dovrebbe subire in alcun modo le conseguenze delle scelte degli adulti.
Anche la scelta di indicare il genitore collocatario si pone in netto contrasto con il principio della condivisione dell’affidamento, andando a determinare uno sbilanciamento di ruoli a favore di quel genitore al quale viene accordato tale privilegio.
All’altro -genitore- viene consentito di avere rapporti con la prole, scanditi da fitti calendari, fatti di date, orari e scadenze che non privilegiano certamente uno sviluppo equilibrato di relazione, ove invece il ruolo primario viene rivestito dall’entità dell’assegno da sborsare mensilmente.
Filo conduttore e logica conseguenza derivante dalla reale applicazione della L. 54/2006 è quella di garantire ai figli una presenza equilibrata dei genitori e il diritto di ricevere le cure da entrambi, attribuendo così il giusto valore al ruolo rivestito da ogni componente familiare che, proprio in ragione del primario interesse del minore, non dovrebbe infrangersi in inutili conflitti che servono soltanto agli adulti per scaricare la loro rabbia, che fortunatamente non alberga nell’animo dei puri.