Mantenimento

Il tenore di vita lascia il posto all’autosufficienza economica

A cura di Stefania Baldassari

Con la sentenza n. 11504/2017 depositata oggi la Cassazione rivoluziona i  parametri in materia di assegno di divorzio.

I giudici di legittimità hanno stabilito che per il riconoscimento dell’assegno di divorzio ciò che conta è il criterio dell’indipendenza o autosufficienza economica e non il tenore di vita goduto nel corso delle nozze, ciò in quanto il matrimonio deve essere inteso come atto di libertà e autoresponsabilità e non come atto volto a determinare una sistemazione definitiva.

Il divorzio di cui la Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi è quello tra  l’ex ministro dell’Economia Vittorio Grilli e l’imprenditrice Lisa Lowenstein.

Nel caso di specie i supremi giudici hanno respinto il ricorso con il quale la ex moglie del ministro chiedeva l’assegno di divorzio, già negatole in una precedente sentenza pronunciata dalla  Corte di Appello di Milano nel 2014 che, in considerazione dell’ incompleta documentazione prodotta, aveva dato valore alla riduzione dei redditi subita dal Grilli dopo la fine del matrimonio.

Ma la novità concreta oggi all’esame della Suprema Corte è che la perdita del diritto all’assegno non risiede nel fatto che si supponga che la ex moglie abbia redditi adeguati, ma piuttosto nella circostanza che essendo ormai cambiati i tempi occorre “superare la concezione patrimonialistica del matrimonio inteso come sistemazione definitiva” essendo generalmente condiviso “nel costume sociale il significato del matrimonio come atto di libertà e di autoresponsabilità, nonché come luogo degli affetti e di effettiva comunione di vita, in quanto tale dissolubile”.

Per questo motivo non è dato configurare  l’esistenza di un interesse giuridicamente rilevante o protetto dell’ex coniuge a conservare il tenore di vita matrimoniale indicato come “ parametro di spettanza dell’assegno, avente natura assistenziale”, in quanto “il rapporto matrimoniale si estingue non solo sul piano personale ma anche economico-patrimoniale, sicché ogni riferimento a tale rapporto finisce illegittimamente con il ripristinarlo, sia pure limitatamente alla dimensione economica del tenore di vita matrimoniale, in una indebita prospettiva di ultrattività del vincolo matrimoniale”.

Così “se è accertato  che il coniuge richiedente è economicamente indipendente o effettivamente in grado di esserlo, non deve essergli riconosciuto tale diritto”.

E tale indipendenza economica viene valutata in base al “possesso” di redditi e di patrimonio mobiliare e immobiliare, alle “capacità e possibilità effettive” di lavoro personale e alla “stabile disponibilità” di un’abitazione.


A proposito di TFR

A cura di Stefania Baldassari

L’art. 12 bis, L. 898/1970 prescrive testualmente che “il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e in quanto sia titolare di assegno ai sensi dell’articolo 5, ad una percentuale dell’indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge all’atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l’indennità viene a maturare dopo la sentenza. Tale percentuale è pari al quaranta per cento dell’indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio”.

Con la cessazione definitiva della propria attività lavorativa, ogni lavoratore matura il diritto di ricevere dal datore di lavoro il trattamento di fine rapporto (TFR).

Nel caso in cui il lavoratore sia stato sposato, la legge attribuisce anche all’ex coniuge (v. art. 12 bis, L. 898/1970) il diritto di percepire una percentuale sul  TFR., diritto tuttavia riconosciuto in quanto ricorrano alcune condizioni.

CONDIZIONI PER OTTENERE LA QUOTA DI TFR

Le condizioni richieste per ottenere il riconoscimento della quota di TFR sono due:

1)      i coniugi devono essere divorziati: non è quindi sufficiente che essi abbiano ottenuto la sola separazione personale (consensuale o giudiziale);

2)      Al coniuge divorziato deve essere riconosciuto un assegno divorzile percepito con cadenza periodica. Nel caso in cui non sia riconosciuto alcun diritto al percepimento dell’assegno o, lo abbia ricevuto in un’unica soluzione,  non avrà diritto alla quota di TFR;

3)      Il coniuge richiedente non deve essere passato a nuove nozze; mentre è indifferente che il coniuge obbligato si sia risposato o abbia avuto figli dal nuovo matrimonio.

E SE IL CONIUGE OBBLIGATO HA PERCEPITO DEGLI ACCONTI?

In questo caso se il lavoratore, prima della cessazione del rapporto di lavoro, ha ottenuto degli acconti sulla liquidazione, la quota spettante all’ex coniuge richiedente andrà calcolata al netto degli anticipi richiesti ed ottenuti dallo stesso durante il matrimonio (compreso il periodo di separazione). Ciò in quanto l’anticipo, una volta accordato dal datore di lavoro e riscosso dal lavoratore, entra nel suo patrimonio personale e non può essere revocato. In tal caso è inevitabile che la quota spettante al richiedente sia inferiore a quella che gli sarebbe stata riconosciuta se non ci fossero state anticipazioni.

QUAL E’ LA PERCENTUALE DI LIQUIDAZIONE?

 La percentuale di TFR riconosciuta al coniuge richiedente dall’art. 12 bis L 898/70 è pari al 40% “dell’indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio”. Il periodo va quindi calcolato tenendo conto anche del tempo in cui si è svolto il procedimento di separazione fino alla sentenza di divorzio.

 E SE LA LIQUIDAZIONE DEL TFR VIENE PERCEPITA DURANTE LA SEPARAZIONE?

In questo caso, se da un  lato durante il periodo di separazione il coniuge  non matura il diritto al TFR, essendo per legge richiesta la pronuncia di una sentenza definitiva di divorzio, dall’altro lato egli può chiedere al giudice di tenerne conto nella quantificazione dell’assegno di mantenimento, o, successivamente, potrà proporre apposita domanda di aumento dell’assegno mediante il procedimento di modifica delle condizioni di separazione.

COSA BISOGNA FARE PER OTTENERE LA PERCENTUALE DI TFR?

Occorre farsi assistere da un avvocato che presenterà un’apposita domanda (ricorso) al Tribunale competente con la quale chiederà  che il giudice disponga a favore del coniuge l’attribuzione della quota percentuale dell’indennità di fine rapporto dovuta, mediante l’ ordine rivolto al datore di lavoro e per esso all’Ente previdenziale pagatore, di effettuare il pagamento della percentuale tenendo conto, nei parametri di calcolo, del periodo in cui il matrimonio è coinciso con il rapporto di lavoro, e quindi della data di assunzione dell’ex coniuge lavoratore e della data della sentenza.

COSA BISOGNA FARE PER OTTENERE LA QUOTA DI TFR PRIMA CHE IL CONIUGE LA SOTTRAGGA A PROPRIO FAVORE?

Dato che come già detto non vi è un sistema di attribuzione automatica del TFR, e visto che non è così improbabile che il coniuge obbligato sottragga la quota a lui spettante, una volta che si è venuti a conoscenza del fatto che l’altro abbia cessato il rapporto di lavoro (e quindi maturato il diritto alla liquidazione), si potrà presentare, contestualmente alla domanda di liquidazione anche una  richiesta di sequestro conservativo dell’indennità di fine rapporto dovuta all’ex, limitatamente alla quota di spettanza.


Mantenimento Coniuge Avvocato separazioni

Mantenimento coniuge

Il secondo comma dell’art. 143 c.c. dispone che “entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia”.


Mantenimento figli Avvocato Separazione

Mantenimento figli

La quantificazione  dell’assegno di mantenimento per la prole costituisce il nodo centrale nella gestione della separazione personale fra i coniugi.
Non esistono tariffari di riferimento o criteri matematici certi per stabilire l’entità dell’assegno, anche se si suole fare riferimento ad alcuni orientamenti giurisprudenziali che costituiscono la base di partenza per operare il calcolo.


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